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Tabù - La nudità

Abbiamo visto qualche tempo fa in tv un documentario dal titolo “Tabù – La nudità”. Ebbene, tralasciando gli aspetti che non c’entravano nulla con la nudità, dobbiamo dire che siamo rimasti colpiti da alcuni aspetti della pratica nudista negli Stati Uniti. Gli americani, come tutti sanno, sono estremamente pragmatici e di conseguenza finiscono col cadere in una sorta di eccesso di semplificazione. Lo fanno per tutto, e quindi lo fanno anche con il naturismo.
Per esempio, loro chiamano il naturismo semplicemente nudismo (che così vogliono che sia inequivocabilmente definito), tralasciando, con l’uso di questo termine, che noi europei abbiamo abbandonato non solo per ragioni di opportunità, tutte le implicazioni di natura antropologica, filosofica, etica, sociale, ecc., che la parola naturismo comprende nella sua più ampia accezione.
Ciononostante, siamo rimasti colpiti da alcuni aspetti del nudismo americano e dalla componente religiosa che connota alcuni gruppi di nudisti nel grande mosaico degli innumerevoli Stati americani.
Allo stesso modo siamo stati colpiti da alcuni aspetti del nudismo australiano quando questo associa la nudità a culti esoterici, come la stregoneria, che sanno tanto di eresia naturista. Nell’introduzione al documentario, comunque, si precisava subito che nella società occidentale il corpo umano al suo stato naturale, cioè nudo, è un argomento controverso.
E si aggiungeva che per alcuni togliersi i vestiti rappresenta un atto di liberazione, un innocente ritorno alla natura. Mentre per altri, mostrare il proprio corpo nudo in pubblico sarebbe impensabile, considerando un tale atto semplicemente indecente. Per altri ancora non solo è indecente, ma è addirittura sconvolgente. Tutto giusto: segnaliamo soltanto che per il naturismo togliersi i vestiti è anche recupero della propria identità.
Ci sono persone, però, che non si limitano ad abbracciare semplicemente la nudità, diceva poi il documentario, anzi, la considerano addirittura un culto, come avviene in Australia e in Inghilterra Ebbene, agli occhi di non conosce in modo approfondito la nostra filosofia di vita può sembrare che la nudità sia un “culto”, invece vogliamo precisare e ribadire che per il naturismo la nudità è il principio cardine senza il quale non avrebbe senso. Considerare un “culto” la nudità, aggiungeva poi il documentario, significa recuperare antichi riti pagani che vengono celebrati stando nudi, affinché non ci sia nulla tra il soggetto e l’universo, e ciò al fine di mettere in connessione l’individuo con l’energia universale.
Noi non abbiamo nulla da eccepire sul fatto che delle persone si mettano nude per entrare in connessione con l’energia universale - ammesso che ciò sia possibile – e che per farlo si rispolverino innocenti riti pagani, non osando pensare a quelli cruenti di un passato per fortuna remoto, eccepiamo soltanto che si tiri in ballo la stregoneria che nulla a che fare col nudismo naturista.","Il documentario lamentava poi il fatto che le persone che in Australia e Inghilterra hanno rispolverato antichi riti pagani e la stregoneria non vengano considerate persone normali.
Su questo punto eccepiamo soltanto che quelle persone non sono da considerarsi normali non per il fatto di praticare un culto pagano nudi, ma semplicemente perché credono nella stregoneria, e non osiamo pensare che essi credano ancora che le streghe possano volare a bordo di una scopa. Il paganesimo è una delle religioni più antiche ma meno capite, cerca ordine ed equilibrio, si diceva ancora nel documentario: invece di un Dio supremo si venerano la natura e le divinità arcaiche: ogni cosa proviene dalla natura e alla natura deve tornare. Nulla da dire sulla concezione che questi neopagani hanno della natura, opiniamo soltanto che per cercare “ordine, equilibrio, armonia”, ecc., basti la filosofia naturista e non alibi più o meno costruiti per giustificare determinati comportamenti.
La sociologia spiega che questo nuovo culto più o meno pagano di matrice anglosassone, una specie di religione “naturista”, che celebra le forze della natura stando nudi, è andato diffondendosi all’ombra di un tipo di società vittima del pregiudizio e del tabù del nudo.
Il cristianesimo, affermava il documentario, ha influenzato e condizionato in molte culture il rapporto con la nudità. Il suo messaggio è sempre stato semplice e inequivocabile: la nudità in pubblico comporta licenziosità, lussuria, mentre i vestiti mettono a freno la tentazione. Nonostante ciò negli Stati Uniti, esattamente nel Vermont, a Westfield, esiste un gruppo di nudisti cattolici che credono nella fede cristiana. Il capo di questo gruppo organizza nella sua casa sedute di lettura della Bibbia in cui i vestiti sono facoltativi.
Questo gruppo considera l’episodio di Adamo ed Eva (che mangiarono il frutto proibito facendo emergere l’autocoscienza) in maniera diversa dalla Chiesa:
Dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza, e quindi definire oscena una persona nuda è come dire che Dio stesso è indecente. Su questo punto non obiettiamo nulla perché se lo facessimo dovremmo entrare in questioni religiose per dibattere le quali non abbiamo titolo. Un credente, comunque, non può che convenire su quest’ultima affermazione. Il documentario proseguiva poi approfondendo la questione religiosa intervistando alcuni dei cristiani nudisti americani: “Vivere nudi, in privato, in casa propria, è una cosa”, hanno detto. “ma vivere nudi in pubblico è tutt’altra cosa” (e su questo non ci piove perché il naturismo lo sa benissimo, altrimenti non ci sarebbe repressione).
Comunque, al di là di questa ovvia affermazione, contro questo radicato tabù c’è chi si spinge oltre la pratica della semplice nudità. Sempre negli Stati Uniti, questa volta in Virginia, esiste un altro gruppo di cristiani nudisti che vanno a Messa nudi, che nudi pregano insieme, e lo fanno anche per matrimoni e funerali.
Lo fanno, dicono, perché il corpo nudo esiste anche quando lo teniamo nascosto dai vestiti: “Dio ci ha fatto così, magri o grassi, alti o bassi, sani o malati, belli o brutti. L’essere umano, pur nella diversità estetica, è una creazione comunque bella, una macchina meravigliosa che non finisce mai di stupirci”.
Per molti cattolici praticanti, hanno poi aggiunto questi cristiani nudisti, questa della nudità collettiva in chiesa è una immagine che deturpa la santità del culto, mentre per altri il rito sfocerebbe addirittura nella blasfemia.
Quando si prega Dio, rispondono i nudisti cristiani, i vestiti sono del tutto irrilevanti, anzi del tutto controproducenti, in quanto il pregare vestiti farebbe venir meno il principio dell’umiltà cui si ispira il cristianesimo. Anche su questo non ci sentiamo in dovere d’intervenire in quanto tutto ciò che viene affermato non fa una grinza, anche dal punto di vista dello scrivente che non è credente ma che ha assistito interessato alla celebrazione della Messa al 32° Congresso Mondiale Naturista.

Pubblicavamo nel 2011...Alcuni articoli on-line

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