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Nudismo, una devianza?

Ai suoi esordi il naturismo è stato considerato una devianza. Ai giorni nostri, per prendere la tintarella integrale forse non lo è più, ma per certi aspetti, come la pratica della vita nuda, lo è ancora.
Per la psicanalisi la devianza riguarda chi si discosta dalle norme comportamentali, etiche, religiose, ecc., della maggioranza delle persone.
E chi è affetto da questo disturbo è soggetto a vivere con grande difficoltà la sua quotidianità, fino ad arrivare a trovarsi di fronte insormontabili difficoltà di inserimento nell’ambiente in cui vive o nel gruppo dominante.
Ma, come sempre insegna la psicanalisi, non ci sono solo devianze negative, ma anche quelle che vengono definite positive.Ciò accade nel caso in cui una devianza risulti utile, fatte salve, ovviamente, due pregiudiziali condizioni: che non sia in contrasto con la legge e che non danneggi gli altri. Un esempio di devianza positiva si riferisce a una teoria sorta dopo la fine della guerra del Vietnam il quale, a causa delle enormi distruzioni subite, versava in una gravissima crisi.
A seguito di ciò la popolazione si trovò a vivere in una terribile condizione di sottoalimentazione dovuta a carenza di viveri di prima necessità. La quantità giornaliera di cibo era, infatti, di due razioni di riso al giorno, quantità che ovviamente era insufficiente a sfamare una famiglia, soprattutto i bambini che avevano sempre fame.
Ebbene, fu notando il sistema con cui una donna di un villaggio vietnamita nutriva i suoi bambini che nacque la suddetta teoria, poi divenuta un principio. Nel dettaglio, la donna in questione suddivideva le due razioni di riso in cinque o sei razioni mescolate con piccoli crostacei che poi distribuiva ai suoi bambini.
Questa sua personalissima scelta si rivelò vincente: i suoi figli risultavano meglio nutriti e, soprattutto, cosa di non poco conto, non soffrivano la fame. Insomma, questa sua “devianza” dal comportamento generalizzato della gente del suo villaggio, a causa dei positivi risultati nutrizionali riscontrati sui suoi bambini, prese piede in tutto villaggio e poi, a macchia d’olio, si diffuse in tutto il Paese. Inutile dire che questo principio è ormai applicato su larga scala in campo alimentare dal personale delle organizzazioni umanitarie operante nelle strutture ospedaliere dei Paesi del terzo mondo, contribuendo in modo largamente positivo a risolvere molti problemi di malnutrizione, dato che gli aiuti alimentari risultano essere sempre insufficienti al fabbisogno
Da quanto brevemente esposto appare evidente di come e quanto una devianza comportamentale, in questo caso in campo alimentare, possa influire a determinare migliori condizioni di vita dell’umanità nel momento in cui una devianza abbia valenze positive, come lo è appunto il caso della “devianza” in questione.
Tornando al naturismo la sua “devianza“ consisterebbe nella pratica della nudità integrale quando le circostanze della vita non lo richiedono espressamente (pulizia personale, visite mediche, malattie, ecc.). In realtà la nudità è una condizione naturale dell’uomo e non una devianza.
E a dirlo non siamo solo noi naturisti, che siamo parte in causa, ma anche il risultato di una ricerca fatta recentemente in Inghilterra. Studiando infatti la vita nei campi nudisti, dove il pudore semplicemente non esiste, un gruppo di ricercatori inglesi ha voluto fare un esperimento sulla nudità, e a tal fine ha reclutato un gruppo di volontari, uomini e donne di tutte le età e di ogni ceto sociale, che mai avevano praticato il nudismo, e li ha per così dire “costretti” a vivere per una settimana in un appartamento appositamente attrezzato.
Ebbene, dopo le inevitabili difficoltà iniziali, che avevano causato una condizione di stress di diverso livello nei volontari, il gruppo si era a tal punto abituato alla condizione di nudità da non rendersi più conto di essere nudi.
Vivere la quotidianità, conversare, mangiare, dormire, ecc., era diventato una cosa del tutto naturale, tanto che i componenti del gruppo, alla fine dell’esperimento, erano usciti per strada nudi, senza che si rendessero praticamente conto della loro condizione.
E da notare che in quella situazione di nudità pubblica, i livelli di stress misurati dai ricercatori nei soggetti era risultato essere pari a zero, dimostrando inequivocabilmente che è antistorico considerare il nudismo una “devianza” e dei “deviati” chi lo pratica. Annoverare il naturismo fra le devianze positive non solo sarebbe il giusto riconoscimento ad uno stile di vita salutare e rispettoso della natura, ma la sua applicazione, quando ciò è ragionevolmente consentito, garantirebbe all’umanità migliori condizioni di vita.

Pubblicavamo nel 2014...Alcuni articoli on-line

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